Un modo originale di augurare buone feste è stato sicuramente l’opera di calligrafia su corpo del prof. Zha Liwei, nostro ospite a cena il 23 dicembre sera, il quale ci ha allietato con le sue lezioni di lingua cinese. Migliore allieva è stata sicuramente Francesca Burlando, che la mattina dopo si è svegliata farfugliando: “Da Ren Kou!”
Mese: dicembre 2010
Una certa maestria
Scende di nuovo la neve sulle colline venete intorno a Vicenza e imbianca dolcemente tutta Italia. Distolgo lo sguardo dal monitor del computer dopo aver letto un pubblico scambio di accuse tra noti insegnanti di arti marziali e, perplesso, guardo fuori dalla finestra facendomi delle domande sul senso della parola “Maestro”.
Essere Maestro significa aver raggiunto un alto livello di abilità in un certo ambito. Si può essere maestri di canto, di recitazione, di lotta, di scuola, di scacchi, di violino, persino di vita. E’ vero che essere maestri di sci, ad esempio, non ci dice nulla delle sue qualità umane. E’solo bravo a sciare e sa insegnarlo. Non deve essere per forza un illuminato.
Poi mi tornano alla mente le persone che ho conosciuto e che per me significavano “Maestro”. Per prima mia madre, insegnante elementare per vocazione, dunque una “signora maestra”, ma soprattutto una educatrice nata, dedita a far crescere nei bambini un senso civico, il rispetto degli altri, i valori della cooperazione e dell’autorealizzazione.
Poi gli amici: dovunque sono stato e ho lavorato o insegnato, ho sempre portato con me almeno una persona – speciale – con la quale ho aperto un rapporto di amicizia che poi durerà negli anni. Si tratta di amicizie limpide, trasparenti, senza dipendenze, libere di essere come sono. “Ti voglio libero come il vento” cantava Mercedes Sosa.
Poi i compagni di pratica: ho conosciuto tanti maestri. Con pochi è scattato un feeling e con loro ho mantenuto un rapporto, li ho ospitati, mi hanno ospitato, è stato sempre uno scambio ricco di stimoli, di riflessioni, di sincero desiderio di conoscersi e di approfondire le conoscenze, per superare i propri limiti. Dove non c’era feeling, ho lasciato perdere.
Poi ancora gli allievi: c’è questa stupenda nemesi del combattimento, in cui devi far diventare il tuo allievo più bravo di te per poter crescere a tua volta. Anche qua, ci si conosce, ci si annusa, e ci si sceglie. Siamo liberi, ed è bene che lo ricordiamo sempre, anche quando diamo per scontato che ci siamo e che ci saremo sempre.
E’ quindi facile capire perchè nelle arti marziali essere Maestro – per me – significa essere davvero qualcuno di speciale. Non perchè valga di più degli altri – ho invece davvero paura delle persone che si sentono migliori solo perchè fanno digiuni o meditazione o sono dei maestri. Per me il maestro è una persona che, con serenità e con tutti i suoi limiti, permette e aiuta comunque gli altri di trovare la propria via.
Mi scrisse anni e anni fa un caro amico, maestro di Qinna: l’unico maestro ce l’hai dentro di te, non cercarne all’esterno, resta fedele a te stesso e cresci. E atteggiati a Maestro: solo se ci provi e fai tutto quello che dovrebbe fare un maestro, forse un giorno lo sarai. Sono in cammino da allora, e sono grato a tutti coloro che mi hanno permesso di fare i miei piccoli passi in avanti.
Il mio regalo di Natale per loro è un sorriso: quel sorriso che ci illumina il volto quando ci vediamo, quando passiamo del tempo insieme, quando ci alleniamo, sudiamo, ci impegniamo, cresciamo nella lotta e nella boxe, comprendiamo qualcosa di nuovo, ci sentiamo appagati, quando siamo felici anche solo di stare insieme e di condividere del tempo, la cosa più preziosa che l’uomo abbia in questo travagliato XXI secolo.
Facciamo regali a tutti, sorridiamo, e dimentichiamo quello che non serve. Seminiamo piccoli indizi di pace e di costruttività, siamo sempre i primi a costruire e gli ultimi a distruggere, facciamo il primo passo per mantenere uno stato di profonda serenità nonostante tutto. Farà stare meglio noi, per primi, e sarà un mattoncino in più per costruire un nuovo mondo.
Buone Feste!
Precetti per un guerriero
Ci sono piccoli testi che hanno una grande densità. Insieme al “Libro dei Cinque Anelli”, Myamoto Mushashi ci ha lasciato in punto di morte un piccolo capolavoro, un “manuale di pronto uso” come distillato della sua vita e delle sue conquiste personali.
E’ un bell’esercizio anche solo leggere e capire come applicare i suoi insegnamenti, che sono validi per chiunque abbia intrapreso la Via.
Ad ogni proibizione o consiglio corrisponde un principio positivo. Invito il lettore a scoprire da solo qual’è il principio positivo che si nasconde dietro il “non fare questo …. non fare quello”. E’ un esercizio interessante, ci permette di capire in profondità noi stessi e i nostri atteggiamenti profondi.
Si tratta di un documento scritto quattrocento anni fa in condizioni di vita diverse da quelle di oggi. Quindi qualche aggiustamento è necessario (compreso qualche accenno di misoginia molto peculiare dell’autore), ma il fondo del ragionamento è comunque di grande attualità e fortemente vero. Sono 21 piccoli Koan, che ci accompagnano mentre cresciamo.
Ci sono tre libri in particolare che mi hanno sempre accompagnato nella mia pratica, e che tornano con prepotenza per la loro ricchezza e la loro completezza: uno è il Daodejing, il secondo è Baguaquanxue e il terzo è Gorinnosho. Dokkodo è una specie di chiosa di quest’ultimo, non nel senso letterale del termine, ma nel senso che lo completa e ne indica i parametri essenziali.
Prendete un principio al giorno e fatelo vostro con la pratica.
Buona riflessione
***
DOKKODO – La Via della Solitudine
1. Non agisco mai contro la moralità della tradizione.
2. Non sono parziale nei confronti di qualcuno o di qualche cosa.
3. Non cerco mai di approfittare di un momento di facilità.
4. Penso poco a me stesso e molto alla collettività.
5. Sono libero dall’avidità, per tutta la mia vita.
6. Non rimpiango mai quello che ho fatto.
7. Non invidio mai altri per la loro buona sorte, né mi lamento della mia cattiva sorte.
8. Non mi affliggo mai per una separazione da qualcuno o qualcosa.
9. Non mi rimprovero mai nulla, nè a me né ad altri, nè mi lamento di me stesso o degli altri.
10. Non mi sogno mai di cadere nella passione per una donna.
11. Piaceri e avversioni, non ne ho alcuno.
12. Qualunque sia il luogo in cui vivo, non avrò mai alcuna obiezione.
13. Non desidero cibi raffinati per me.
14. Non ho in mio possesso oggetti antichi nè originali.
15. Non faccio mai purificazioni o astinenze superstiziose per proteggermi contro i malefici.
16. Non mi piace alcun tipo di strumenti, eccetto spade e altre armi.
17. Non coltiverò mai astio a causa della rettitudine.
18. Non voglio avere alcun possedimento che mi conforti la vecchiaia.
19. Venero gli Dei e Buddha, ma non penso mai di dipendere da loro.
20. Preferisco dare la mia vita che infangare il mio buon nome.
21. Mai, neppure per un momento, cuore e anima lasceranno la Via della Spada.
(M. Musashi – Traduzione del prof. Giichiro Ikeda, apparsa sul “Japanese Sword Society/ US Newsletter” nel 1965)