San Francisco 1999 – Cercando Sifu Kuo (3/3)


E alla fine ci arrivo. Il parchetto è un po’ desolato, l’edificio ha ancora le insegne fuori con le vetrine polverose, piene di ninnoli e di scritte cinesi traslitterate in Wade-Giles fuori moda e un po’ kitsch, ma tanto belle! La mitica Tai Chi Academy appare abbandonata o comunque male in arnese, sarà che è buio, sarà che è notte, sarà che mi fa impressione. La certezza che il posto è quello giusto ce l’ho solo quando, dopo un paio di minuti, faccio una decina di passi indietro nel parchetto del Tai Chi. Scorgo allora sull’edificio la sagoma dipinta in nero, alta 6 o 7 metri, dipinta sulla facciata di Master Kuo in Zhan Zhuang, la postura del Palo Universale.

Ci sono arrivato. Sono in Portsmouth Square. Questo era il posto. Resto qualche minuto in un commosso silenzio. Non lo faccio apposta, mi viene così, spontaneo. E’ come rendere omaggio sulla tomba di Sifu Kuo, come rendere omaggio alla sua figura di maestro, all’esperienza e alla vita di un Shigong (師公, nonno di pratica, in quanto maestro del maestro) e al Kungfu in generale, ma anche alla mia memoria e ai miei sogni di giovane italiano che studia arti marziali cinesi.

Mi passano molti pensieri per la testa: penso ai miei maestri veri, a quelli che non ci sono più. A quanti hanno combattuto e usato le arti marziali nella vita di ogni giorno per sopravvivere, a questo mondo moderno del Kungfu dove tutti viviamo di sogni e di speranze, di desideri di imbattibilità, di perfezione, di potenza, in fondo di sicurezza. Penso a quanto sia sciocco, in fondo, attaccarsi a queste finte sicurezze. Ma quante buone attitudini mi ha trasmesso questa filosofia di vita: l’umiltà, l’orgoglio, la determinazione, il coraggio, la flessibilità, la resistenza, la capacità di ricredermi, di trasformarmi, di crescere.

Torno in albergo con qualche difficoltà (mi ero realmente perso nei dedali di SF), ma arrivo, e tutto il resto è buio, non conta. Il ricordo resta ancora oggi, forte e preciso, bello. Sifu Kuo, non ci siamo conosciuti, ma per certi versi è come se. Forse anche meglio.

La mattina dopo: sono ormai le 7, il sole si è levato caldo sui moli, finisce la pratica di Baguazhang con Sifu Look e si riparte in auto per tornare in albergo. Sifu Look mi racconta aneddoti simpatici sul suo maestro, Kuo Lien Yin, quest’uomo che sembrava possedere doti incredibili. Tutti i suoi allievi ne parlano ancora oggi con grande rispetto e come di un superuomo. Racconta di quando, entrando dalla porta della palestra, non vede Sifu Kuo che stava uscendo e praticamente sbatte con violenza e rimbalza indietro di due o tre metri. La postura di Kuo Lien Ying era ben radicata, evidentemente.

Oppure quando Kuo faceva saettare da dentro la manica dell’abito cinese il dardo meteora che portava sempre imbragato sotto il vestito, e lo faceva arrivare dritto in faccia ai suoi allievi, fermandolo all’ultimo momento. O quando obbligava i suoi allievi, anche i più anziani e rigidi, a toccare con il mento la punta del piede della gamba tesa. Senza questo requisito non c’era Kungfu per loro. Forse c’è un po’ di retorica in tutti questi ricordi di un maestro che insegnava all’Accademia delle Belle Arti di San Francisco agli aspiranti attori di teatro, che si trovavano alle 5 del mattino a praticare movimenti lenti nonostante i loro ritmi di vita infernali.

Grandmaster Kuo era sicuramente un personaggio di forte presenza e di carattere, un riferimento paterno forte e preciso, come in fondo molti maestri cinesi della vecchia generazione – specie quelli “passati” per Taiwan – sapevano e amavano essere. Se ne è davvero perso lo stampo, oggi. Mentre viaggiamo in auto per le strade di San Francisco, Henry Look mi racconta di quanto il suo maestro gli dicesse continuamente di praticare Zhan Zhuang, di non smettere mai, sia per la salute che per il combattimento. L’avessi ascoltato di più, commenta con una punta di sincero rammarico.

Mi raccomando, mi dice con sincera preoccupazione, pratica sempre Zhan Zhuang, è importante, è lì la fonte della forza e della salute, non fare come ho fatto io. Lo guardo e scopro che mi piace questo personaggio, forse proprio per la sua onesta semplicità, e deve piacere molto come insegnante ai suoi allievi. Grazie, sifu Look, conserverò sempre un bel ricordo. Grazie, master Kuo, per avermi ispirato in questo viaggio a San Francisco, che non dimenticherò tanto facilmente.

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