Baguazhang stile Liu

Lo Stile di Liu Dekuan

Lo stile Liu di Bagua Zhang è praticato in linea retta diversamente da altre forme di Baguazhang, che sono praticate camminando in cerchio.

Liu Dekuan creò una nuova forma che includeva sessantaquattro tecniche di combattimento dal Baguazhang tradizionale, practicate in linea.

Liu si decise a creare questa forma dopo aver compreso che la maggior parte della gente aveva difficoltà nello sviluppare abilità nel combattere e le componenti interne dell’arte camminando in cerchio.

Oggi lo stile Liu è praticato in combinazione con altri metodi di Bagua Zhang.

(da: School of Eastern Martial Arts, 2005)

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Ma Chuanxu

Lo confesso: in fatto di Baguazhang sono pochi i maestri che mi piacciono veramente, sia perchè non amo nè il Baguazhang del Wushu, troppo moderno, nè quello troppo raffinato, sia perchè i principi veri e solidi hanno un sapore semplice, pratico e diretto.
Ma Chuanxu l’ho scoperto grazie a Jarek Szymanski e al suo prezioso lavoro di informazione sulle arti marziali interne cinesi direttamente intervistando i migliori maestri. La sua intervista vale molto più delle mille teorie che ogni giorno leggo sui vari forum.
Ma Chanxu è un personaggio straordinario del Baguazhang, allievo di Li Ziming, dalla vita molto intensa. Provate a leggere qualche riga della sua intervista e vedrete. Il Bagua lui l’ha usato molte volte come poliziotto, e sempre in maniera molto, molto pratica.
Per darvi un’idea del Baguazhang che a me piace, guardatevi questa breve dimostrazione di Baguazhang e di Xingyiquan.

Il Metodo nel Baguazhang 八卦掌学 (2 di 4)

Come dicevamo, il metodo del Baguazhang è un patchwork, sono cioè più parti messe insieme che convivono insieme armonicamente e si influenzano reciprocamente, allo scopo di dare origine ad un’arte marziale efficace, adattabile e di eccellenza.

I primi tre elementi, di cui ho già accennato nel primo post, sono:

1 – Zhan Zhuang o Ba Da Mu Zhang, la postura del Palo Universale oppure gli Otto Palmi fissi, posture da portare fisse mentre le gambe camminano in cerchio. Questo metodo sviluppo potenza fisica, catene muscolo-tendinee sviluppate, intenzione focalizzata e velocità di reazione.

2 – Da Mu Xing, il Cerchio e tutte le sue evoluzioni fino a Jiu Gong (Nove Palazzi) per quanto riguarda gli spostamenti. Questo lavora sulla velocità di spostamento, sull’adattabilità e sulla flessibilità del corpo, ma anche sulla sua capacità di gestire torsioni e controtorsioni facendo leva sul terreno (principio caro al Qinna).

3 – Dan Lian, le Tecniche Semplici, in cui si costruiscono, mattone dopo mattone, le fondamenta e i muri del corpo del Baguazhang. Si tratta di applicazioni semplici (efficaci, rapide ed essenziali) che devono essere sviluppate fino all’automatismo completo. In realtà si tratta di “principi” messi in movimento e trasformati in tecnica. Spesso si tratta delle prime otto tecniche (o palmi) fondamentali di ogni stile, e tutte le altre sono derivazioni (otto per otto = sessantaquattro, e così via verso le diecimila cose, l’infinito cinese)

Spesso le scuola tradizionaliste di Baguazhang hanno messo l’accento sui primi due elementi, sia perchè questi sono quelli distintivi dell’arte, sia perchè in questo modo si può far lavorare a lungo gli allievi. Baguazhang veniva spesso insegnato come ultima arte marziale dopo Taijiquan e Xingyiquan, e comunque veniva insegnata solo a chi aveva già una conoscenza profonda e pratica dell’arte marziale. Non a caso i migliori allievi del fondatore avevano solide radici nello Shuai Jiao (lotta corpo a corpo) o nelle boxe a distanza. Tutti i capiscuola di Baguazhang venivano da una solida esperienza di Xingyiquan, e lo Xinyiquan originario conteneva torsioni e movimenti decisamente non “lineari” per uno stile diretto come lo Xingyi (vedi ancora oggi Long Xing).

La Forma, intesa come sequenza di movimenti concatenati, è un elemento importante dell’allenamento marziale, perchè è una libreria che contiene tutti i “germi”, le tecniche-chiave dello stile. Per farli “funzionare” praticamente bisogna “toglierli dal gelo” della forma, riportarli a temperatura ambiente, suddividerli in singole tecniche, farli rivivere, esercitarli, comprenderne veramente la funzione e alla fine tornano ad essere utili.

Il terzo elemento, Dan Lian, è un altro aspetto controverso del Baguazhang. In alcune scuole (anche tra le migliori) si arriva fino a 96 tecniche semplici, oppure al magico numero di 108 movimenti (come nel Taijiquan)! In altre si parla di 64 palmi (o tecniche) come quelle di Liu Dequan, o i 72 calci di Liu Fengchun, e così via. Dan Lian sono anche definite Hou Tian, “tecniche post-natali”, cioè quelle tecniche che nascono con l’arrivo dell’essere su questa terra (alla nascita) nel mondo della dualità. Là, nel mondo del Tao, nel mondo del “non-duale”, le tecniche sono Hsien Tian, “pre-natali”, ancora perfette nella loro corrispondenza tra principio e applicazione.

Quando Wang Xiangzhai ammoniva a non collezionare tecniche sempre diverse ma di tornare sempre ai principi, suggeriva in pratica di tornare alle tecniche pre-natali, cioè il cerchio, il cambio singolo e il cambio doppio (aggiungiamo Shun She Zhang per dovere di cronaca, essendo il terzo cambio che Dong Haiquan insegnava, almeno secondo la tradizione).

Loriano Belluomini, maestro e amico, ma soprattutto fine ricercatore del Baguazhang, raccontava di recente che attraverso San Shou Pao di Sun Lutang ha capito molte cose che da anni andava cercando. La chiave di volta è nascosta spesso nel posto dove meno ce lo aspettiamo, o forse quando arriva il momento giusto è la giusta pratica che ci insegna cosa fare. Il risultato è sempre e comunque il risultato di un confronto onesto tra teoria e pratica, e non di cieca fedeltà.

Bene, siamo arrivati alla svolta.

Abbiamo messo insieme una certa forza fisica e un’intenzione chiara, una certa abilità nello spostamento e un certo numero di tecniche essenziali con cui andare incontro all’avversario, siamo quindi a metà del cammino. Ancora questo non fa di noi un combattente di Baguazhang. Cosa manca?

Gli elementi successivi da sviluppare sono:
4 – Lian Huan Zhang
5 – Long Xing You Shen Zhang
6 – San Shou

Al prossimo post!

Marco Superbi, un Amico

Scriveva oggi Marco Superbi:

“Ciao Luigi, sono felice che tu abbia potuto festeggiare così “marzialmente” i tuoi trenta anni di dedizione al gongfu.
E voglio cogliere l’occasione di questo angolo commemorativo nel blog, per unirmi ai festeggiamenti, perchè anche il mio cammino marziale compie venti anni.

E ci sono due persone che devo ringraziare particolarmente: Luigi e Yves. Dovrei dire in ordine di apparizione… Grazie per avermi preso sotto la vostra ala protettrice, introdotto e istruito alle vie dell’interno, aiutato nel viaggio, suggerito e confortato…
Abilmente siete riusciti ad essermi Maestri, fratelli ed Amici.
Non mi resta quindi che augurare a tutti, ed in particolare a noi tre : KUNG HAY FAT CHOY!! Marco”

Ho conosciuto Marco Superbi circa 17 anni fa, durante un seminario di Wing Chun a Tortona. Il cognome poteva trarre in inganno, e così mi sono subito preoccupato di verificare la sua attitudine. Risultato: siamo diventati rapidamente buoni amici, abbiamo praticato insieme e da allora ci unisce una stima reciproca e una grande passione per le arti marziali e la cultura cinese.

La foto che illustra questo post (da sinistra a destra: Yves Kieffer, Marco Superbi e Luigi Zanini) è stata fatta a Milano nel dicembre del 2002, quando ancora avevamo la buona abitudine di trovarci nella capitale lombarda per scambiarci gli auguri e passare una giornata tra un ristorante cinese, la libreria Hoepli e un continuo scambio di informazione e notizie. Bei tempi!

Che sia Wing Chun, Tuina, Baguazhang, Taijiquan o Yiquan, poco importa, Marco ha sempre qualcosa da raccontare dalla sua esperienza, e soprattutto sa ascoltare gli altri, ama condividere i suoi pensieri, e ha sempre una risata o una battuta da regalare. Memorabile, per Laura e me, il suo racconto del Camino de Santiago, che un giorno intraprenderò anch’io.

E’ una di quelle rare persone con cui i rapporti possono essere semplici, si mantengano vivi nel tempo e basta un colpo di telefono per far ripartire il dialogo, allegro e vivace, esattamente da dove l’avevamo lasciato.

Anche con Yves Kieffer (l’amico taoista con cui ci siamo divertiti a scrivere “Il Kung Fu” per la Xenia) Marco ha un rapporto di grande dialettica. Qigong, Xinyi, massaggio, musica etnica e tradizionale, filmati e maestri, Yves è una fonte inesauribile di informazioni e di conoscenze, e Marco (come me) non perde l’occasione.

Marco è un insegnante di Wing Chun ma anche un’ottimo terapeuta e un qualificato docente di Tuina, il massaggio cinese, sul quale ha scritto un libro (“An Mo Tui Na, il tocco sapiente dell’antica Cina”) e sicuramente ha acquisito, nel corso di questi anni, una grande esperienza, che unita alla sua naturale curiosità, lo hanno portato ad una grande finezza nell’arte. Lo dico perchè ho avuto modo di sentirlo lavorare sulla mia schiena ai tempi della mia ernia lombare.

Marco ha festeggiato i suoi vent’anni di pratica marziale (Wing Chun) proprio quest’anno. Vent’anni di pratica, di passione, di viaggi a Londra, poi più lontano, ad Hong Kong, alla ricerca di un buon maestro e della Vera Pratica, non sono pochi. Tanti sacrifici per far quadrare il contante e i desideri, il tempo e il lavoro, gli amici e gli allievi… sono vent’anni vissuti intensamente.

Quante discussioni, quanti incontri, quanti scambi di tecniche e di conoscenze e ancora serate di pratica, da soli e in compagnia di amici, allievi, maestri. Non ha nessuna importanza, credo, se alla fine non siamo diventati dei killer di professione, oppure degli autentici Terminator, o ancora grandi Guru e Maestri. L’importante è aver cercato di diventare, nei limiti del possibile, almeno un po’ più saggi.

Grazie Marco

Il Metodo nel Baguazhang 八卦掌学 (1 di 4)

Come diceva un filosofo, “siamo nani sulle spalle di giganti”. Quello che riusciamo a vedere e capire oggi lo dobbiamo al lavoro e all’impegno di coloro che ci hanno preceduto (e che hanno avuto il buon gusto di lasciarci traccia del loro cammino).

Questo è vero in tutti i campi della vita, e il Baguazhang non fa eccezioni. Quando riguardo come i maestri di quest’arte hanno costruito con intelligenza e abilità concreta il loro metodo, rimango sempre affascinato dal grande valore del loro lavoro.

Scrive Flavio Daniele nel suo “Il Corpo del Drago” che lo Xin Yi Quan, il progenitore dello Xing Yi Quan, aveva dentro di sè il concetto dell’utilizzo della forza centrifuga e delle torsioni e controtorsioni del corpo, che permettono un utilizzo efficace di attacchi a tutte le altezze e le distanze. E questo ben prima che nascesse il Baguazhang, ma rimanendo nascosto in quanto appannaggio delle comunità musulmane.

Quello che Flavio descrive è corretto ed è noto da molti anni tra i praticanti e i ricercatori di qualità di tutto il mondo. Me ne parlava Yves Kieffer nel 1990, citando esempi illustri nel mondo delle arti marziali cinesi tradizionali (non wushu) e di ricercatori francesi che erano andati in Cina alla ricerca di quella “qualità” speciale che sembrava essere scomparsa nella Cina moderna. L’avevano trovata solo presso alcuni maestri di Yiquan e qualche branca di Baguazhang e di Ziranmen un po’ defilata rispetto all’establishment di Beijing.

Ho avuto la fortuna di vedere questa “qualità” all’opera per anni. Ho toccato con mano in molte diverse occasioni quello che certe persone riuscivano a esprimere, spesso in maniera impressionante, con l’uso del loro corpo, dell’energia vitale e della loro intenzione. E sempre mi sfuggiva il nesso tra la loro preparazione, la loro capacità e quello che insegnavano. La didattica è un’arte a sè, non dimentichiamolo.

Questo mi porta oggi a considerare la struttura di un’arte marziale come il risultato di un patchwork, in maniera simile ad un programma per computer. Siamo partiti con strutture semplici, basati su sequenze di zero e uno, e queste rimangono la base di ogni calcolo. Sopra di esse sono nati programmi estremamente complessi, che hanno portato lo Shuttle in orbita.

Come fare a portare lo Shuttle del Baguazhang in orbita per i praticanti che lo desiderano davvero? Provo a dare qui un paio di idee su cui riflettere, e sulle quali mi piacerebbe confrontarmi con i lettori, che invito a scrivere sul soggetto.

1. La struttura, la potenza e la “piccola idea” (Siu Nim!) del Baguazhang si costruiscono con gli Otto Palmi fissi (Ba Da Zhang o Ding Shi Ba Zhang, tra le altre) praticati camminando in cerchio. Il tempo è un fattore chiave, perchè permette di far entrare l’automatismo nella persona, nella sua struttura profonda, un messaggio importante di spontaneità e di naturalezza. Là cadono molte persone perchè non capiscono che “masticare amaro” deve servire a oltrepassare quello stadio, oltre il quale ci aspetta un cambiamento di atteggiamento psicologico, che permette di sviluppare una nuova energia, più libera e consapevole allo stesso tempo, dove il fattore fatica e tempo non contano più tanto.

Inoltre, secondo rischio, ci si aspetta inconsciamente di vedere miracoli solo dalla postura o da questa pratica – perchè costa fatica! – e in realtà non è così. Oppure si dedica pazientemente una vita agli Otto Palmi, e poi si molla tutto perchè avevamo aspettative troppo alte e ci sentiamo traditi. Così come il Zhan Zhuang classico, anche gli Otto Palmi Madre sono “solo” il primo elemento, ma ce ne sono almeno altri cinque (la “ricetta” ovviamente varia da “cuoco” a “cuoco” 😉 prima di arrivare a completare il sistema.

2. Il Grande Cerchio Madre – Da Mu Xing, come alcune scuole chiamano il labirinto senza entrata e senza uscita del cerchio – sviluppa l’agilità e lo spostamento, l’adattabilità e la continuità del movimento, e non è poco. Straordinario strumento di salute e benessere, il movimento del Baguazhang contiene tra gli altri i seguenti principi:
– principio del Filo di Seta (Chan Si Jing)
– principio della penetrazione (Zhuan Zhang)
– principio dell’uso della potenza (Fa Jing)
Sono principi, non ancora sviluppati in tecniche, perchè manca ancora il giusto training (Dan Lian). Ma senza questi principi, o “intenzioni – idee grandi”, girare in cerchio finisce per fare un gran bene per le vertigini e la labirintite, per la schiena e le gambe, ma non è adatto al combattimento. Il Cerchio è la base per la Danza del Baguazhang, la famosa Forma del Drago che Nuota o che Si Muove Imprevedibilmente, e che corrisponde al Jian Wu dell’Yiquan, cioè l’espressione libera di abilità in un combattimento immaginario ma reale.

3. Nelle Tecniche Semplici (Dan Lian), o Palmi Dinamici, troviamo la chiave marziale del Baguazhang. E’ davvero il punto critico di molti praticanti di Baguazhang, che si rifiutano di praticare tecniche lineari o marziali perchè “non è Bagua”. Niente di più sbagliato. Andate a rileggere l’incompleto e frammentario lavoro di Robert Smith sul Baguazhang, e ringraziatelo perchè aveva detto una serie di grandi verità, anche se non proprio “digerite” a suo tempo (un grazie ad Allen Pittman).

Si tratta di applicare concretamente i colpi e di valutarne l’efficacia in base al risultato in un confronto diretto. “Tieni quello che funziona e getta quello che non serve”, diceva Bruce, e nessuno lo può fare al nostro posto, ognuno per sè e Dong Haiquan per tutti. L’allenamento prevede prima una fase morbida e lenta per immagazzinare il concetto in modo corretto (ricordate la forma del Taijiquan? Staccate un movimento dall’altro e allenatelo singolarmente per un mese), quindi una fase più rapida e infine uno studio a due, passando dal previsto all’imprevisto.

Il rischio? E’ che tutto si riduca all’applicazione delle singole tecniche, perdendo di vista i principi, trasformando tutto in una rissa di forza contro forza. Mancano ancora nel nostro arsenale il principio di continuità, di recupero dell’energia e della non attesa.

Ma questi li vedremo più avanti.

Il mio Capodanno cinese

Quando ho iniziato a scrivere questo blog, la scusa ufficiale erano i miei 30 anni di pratica marziale. Giovedì 7 febbraio 2008 sono giunto al mio primo capodanno cinese sul blog, ma è stato anche il giorno in cui sono stato invitato a tenere una lezione di Baguazhang a Vicenza, e sono felice di poter dire che è stato un festeggiamento triplo.

Primo: sono tornato ad insegnare nella palestra – la mitica “Jigoro Kano” di Vicenza, diretta dal M.o Piccoli – che trenta anni fa esatti mi ha ospitato per la prima volta come studente, ed è stupefacente constatare che nulla era cambiato! Esattamente le stesse panchine negli spogliatoi, lo stesso odore di vissuto, lo stesso immenso tatami, lo stesso freddo che stimola i praticanti a lavorare senza sosta per non raffreddarsi. Un clima indimenticabile, senza alcuna ironia e una buona dose di nostalgia.

Secondo: ho lavorato con 22 aikidoka guidati dal M.o Livio Zulpo, un vecchio amico di tanti anni. Insegnare Baguazhang a praticanti di Aikido è sempre un piacere, perchè tra le scuole di Aikido e quelle di Baguazhang concetti come armonia, circolarità, mobilità, continuità e quant’altro sono patrimonio condiviso, una lingua comune dove non occorre spiegare troppo.

Terzo: a fine serata, in un clima davvero apprezzabile per simpatia e spontaneità, ho assistito al rituale del cosiddetto “terzo tempo” del rugby: pane, salame, dolci e vino per tutti! Due allievi festeggiavano il loro compleanno, e per far partecipare tutti della palestra hanno allestito un vero e proprio banchetto. Si potrebbe obiettare che questo non c’entra con l’allenamento, ma so per esperienza che invece questo è uno dei grandi momenti che uniscono e rinsaldano i rapporti.

Insegnare Baguazhang ha un raro pregio: si tratta di un’arte talmente complessa che solo spiriti usi a misurarsi con i propri limiti e con una buona dose di umiltà e di tenacia resistono per anni e non demordono. Quando ci si incontra, in genere molte cose sono state già capite e digerite, e tutto è più semplice, e in genere queste persone sono di buona qualità.

Abbiamo lavorato sulle tecniche di riscaldamento, sul cerchio e sui cambi, e infine sugli scambi in cerchio a due. Sul fondo della palestra campeggiava una calligrafia di un maestro giapponese, che in cinese suona “Yi Dao Yi Shen”: una lama, uno spirito.

Una frase, una serata, un compleanno da ricordare.

Ancora qualcosa sul Topo di Terra

Il 2008, l’anno del Topo di terra

Il capodanno cinese cade in coincidenza della prima luna nuova dopo l’entrata del Sole nel segno dell’Acquario e per ogni anno corrisponde uno dei segni zodiacali, il 7 febbraio ha così inizio il Jiazi Nian, in tibetano l’anno del Topo di Terra, un anno che l’oroscopo annuncia come favorevole al commercio e ai progetti a lunga scadenza, propizio in generale, positivo soprattutto per i nuovi incontri e i rapporti sociali; tradizione vuole che i nati nell’anno del topo che i nati nell’anno del topo siano dotati di fascino ed abbiano notevole capacità di attrarre il sesso opposto.
Quando iniziano festeggiamenti del capodanno cinese, come si articola il calendario e quali sono i segni zodiacali?

Il Capodanno cinese è conosciuto anche come Festa di Primavera o “Chun Jie”, e può essere considerato come un mix tra le nostre feste di Natale e Pasqua.
Come per il nostro Natale la vigilia (chu xi) è una festa tutta dedicata alla famiglia che si riunisce per il tradizionale scambio dei regali, tutte le luci vengono accese sia all’interno che all’esterno della casa; si festeggia con una cena sontuosa in cui non mancano i cibi tradizionali: come i ravioli per nord ed il grosso pesce intero per simboleggiare l’unità della famiglia.

Il richiamo alla Pasqua sì ha nei preparativi per la festa tra cui spicca un’accuratissima pulizia della casa che nell’antica Cina contemplava una vera e propria ristrutturazione, si dava colore alle pareti e si riparavano e dipingevano porte e finestre, perché aveva il significato simbolico del desiderio di allontanare l’anno trascorso e le sue avversità e di iniziarne uno più prospero, ancora oggi colorato dalle decorazioni da appendere come fiori e lanterne.

Nel giorno del capodanno, in alcune zone della Cina, il capofamiglia ha il compito di osservare i tre riti: in onore degli antenati, del Cielo e della Terra, e del dio della Prosperità; ma il clou dei festeggiamenti sono i lunghi cortei, ormai celebri in tutto il mondo per essere diventati parte dell’iconografia cinematografica, con le immancabili maschere raffiguranti il drago cinese e i coloratissimi fuochi d’artificio.

Il calendario tradizionale cinese è un calendario lunare-solare, introdotto nel 2637 a. C. dall’imperatore Huang Ti, come il nostro è composto da anni (divisi in 12 mesi) di 353, 354 o 355 giorni ma contrariamente contempla anche anni più lunghi (divisi in 13 mesi) di 383, 384 o 385 giorni.

L’inizio di ogni mese avviene ad ogni fase di luna nuova, considerata tale dai cinesi nel momento della congiunzione della Luna col Sole, cioè quando è completamente invisibile alla longitudine delle coste orientali della Cina; quando tra un solstizio e quello successivo si hanno 13 lune piene l’anno che segue diventa di 13 mesi.

Ad ogni anno è assegnato un nome composto da due radici: una ‘celeste’ non traducibile (jia, yi, bing, ding, wu, ji, geng, xin, ren, gui) e un ‘ramo terrestre’ corrispondente ad un animale: zi (topo), chou (bue), yin (tigre), mao (coniglio), chen (drago), si (serpente), wu (cavallo), wei (pecora), shen (scimmia), you (gallo), xu (cane), hai (maiale) ottenendo un ciclo di 12 di cui è ultimo l’anno del maiale, che si ritiene favorisca la conclusione dei progetti iniziati ma abbia come controindicazione che le opere incompiute rimangano tali per molto tempo.

Ci sono parecchie storie riguardanti i dodici animali dello zodiaco cinese, e su come siano stati scelti, una di queste racconta come l’Imperatore di Giada, già sovrano del Cielo e della terra, decise di visitare la Terra personalmente e stupendosi nell’ammirare le curiose creature terrestri decise di prenderne dodici, da portare al Cielo, per mostrarle agli esseri divini; gli animali che portò via furono: un topo, un gatto, un toro, una tigre, un coniglio, un drago, un serpente, un cavallo, una capra, una scimmia, una gallina, e un cane.

Il gatto, il più bello degli animali, chiese al topo di informarlo il giorno in cui l’Imperatore di Giada sarebbe venuto a prenderli, ma il topo, geloso della bellezza del gatto paragonata alla sua, non lo informò così che il gatto non si presentò all’arrivo dell’Imperatore di Giada, e fu sostituito con il maiale.

L’Imperatore di Giada, affascinato dagli animali, decise di attribuire ad ognuno di essi un anno del calendario e quando il gatto venne a sapere cosa era successo, si arrabbiò furiosamente con il topo dando origine all’inimicizia tra gatti e topi.

Il 2008 è l’anno del Topo di Terra, e si dice che i nati nell’anno del topo siano dotati di fascino ed abbiano notevole capacità di attrarre il sesso opposto.
Si dice inoltre che il ciclo della terra, dominato da Saturno, li renda anche grandi lavoratori che trovano felicità e soddisfazione nell’ordine, nella disciplina, nella sicurezza.

(dal sito: Il Navigatore)